Chiara Giovenzana
Dots connector, CEO e founder Binella S.r.l
La certezza del dubbio e la creatività strategica
Le soluzioni innovative, quelle che rispondono ad un nuovo bisogno largamente presente all’interno della collettività, sono il frutto dell’esercizio strategico della creatività.
Creatività e innovazione sono due lati della stessa medaglia.
La massima incarnazione di creatività e ingegno è nata in Italia il 15 Aprile del 1452 e siamo ancora in attesa della prossima. Non si sfornano Leonardo da Vinci ogni vent’anni e, a quanto pare, nemmeno ogni cinquecento.
Leonardo ha saputo coniugare il suo innato genio ad una grandissima capacità di vision, ha intravisto ciò che ancora non esisteva, ha percepito un bisogno che si stava delineando. È proprio questo che fa la differenza tra un’idea e una innovazione: l’idea è il materializzarsi di un pensiero nuovo, l’innovazione è la creazione di qualcosa di nuovo e utile per colmare un bisogno.
La creatività è apprezzabile anche quando fine a sé stessa
non vogliamo darle responsabilità eccessive – ed è importante che mantenga quella componente di bellezza, leggerezza e libertà che la contraddistingue, ma è solo attraverso di essa che si genera innovazione. L’innovazione ha bisogno della creatività, sempre.
Sarebbe preferibile, pertanto, che i nostri luoghi di lavoro diventassero officine della creatività, dove quest’ultima non sia più soltanto un metodo, ma la strategia. Un’ azienda non ha bisogno di inventarsi workshop di creatività dove ogni manager può esprimersi attraverso brainstorming, quadri su tela o qualsiasi altra attività che faccia uscire un po’ del guizzo fanciullesco sepolto sotto i tacchi dei mocassini. Certo, la creatività va esercitata, ma non come un evento isolato, bensì come l’unico modo di lavorare. Questo richiede un radicale cambio attitudinale nel luogo di lavoro: condivisione delle conoscenze, volontà di arrivare insieme alla meta, controllo della propria tensione ad emergere e a subordinare gli altri.
IN ITALIA NON ANCORA…
Molti di quelli che hanno lavorato o lavorano all’estero potrebbero pensare che queste pratiche siano ormai assodate, ma non è così dappertutto, In Italia non ancora. Vi faccio qualche esempio tratto dalla mia personale esperienza.
Nel Dicembre 2019 ho accettato la candidatura alle elezioni regionale in Emilia Romagna nella lista civica che aveva come capofila il presidente Stefano Bonaccini. Pensando al programma elettorale relativo alla sanità pubblica (ancora ignoravamo quanto stesse accadendo in Cina) decisi che avrei riunito alcuni esponenti territoriali della sanità per chiedere quali fossero, a loro avviso, le urgenze e gli argomenti più importanti da considerare. Tutte le persone che avevo accanto, più esperte di me in campagne elettorali, mi consigliarono vivamente di non farlo. Perché? Perché chiedere a qualcuno era segno di debolezza, in più, avrei trasmesso un’immagine di insicurezza. Ero io che dovevo dire a loro cosa fare e come.
IL DUBBIO E’ IL COADIUVANTE DELLA CREATIVITA’ E DELL’INNOVAZIONE
Porre domande e avere dubbi, soprattutto in Italia – oserei dire quasi solo in Italia – è fuori moda, per non dire scandaloso. Paradossalmente il dubbio è, al contrario, il coadiuvante per eccellenza della creatività e dell’innovazione. Al dubbio succede la domanda e la domanda attiva una serie di meccanismi che si espandono dentro e fuori di noi e contaminano quante più persone abbiamo accanto. Il dubbio innesca una reazione a catena dei pensieri e di tutte le possibili risposte ad un interrogativo. Ecco che, avere dubbi non è sintomo di debolezza, quanto di coraggio: richiede l’uscire da sé stessi, il rischiare di non essere compresi, la decisione di ascoltare, la voglia di mettersi in discussione e, eventualmente, il coraggio di cambiare idea.
Il fatto è che noi Italiani siamo fortemente creativi ma, allo stesso tempo, decidiamo di metterci dei paletti, ci tarpiamo le ali da soli, ma accade che ogni tanto, qua e là, saltino fuori soggetti con idee eccezionali, rivoluzionarie ed estremamente creative. Sono spesso soggetti isolati. Può darsi che abbiamo bisogno di esercitarci a ragionare senza porci dei limiti, nessun limite. Facciamo un esempio.
Forse qualcuno conosce già la Marshmallow challenge inventata da Peter Skillmen. Ebbene, la sfida marshmallow è un semplice esercizio di progettazione per piccoli gruppi che richiede abilità essenziali, possedute naturalmente anche dai bambini in età pre-scolare. Le regole sono semplici: in diciotto minuti, ogni gruppo può utilizzare venti bastoncini di spaghetti, un metro di nastro adesivo, un metro di spago e un marshmallow per costruire la struttura più alta possibile, su cui si dovrà riporre il marshmallow. Vince il gruppo che riesce a mettere il Marshmallow più in alto degli altri.
Le prestazioni delle squadre alla fine dell’esercizio rivelano alcune stimolanti lezioni.
Le performance peggiori le ottengono dirigenti, manager e laureati in materie come ingegneria ed economia: Cercano di elaborare un unico piano e vi spendono la maggior parte del loro tempo. Infine, quando i minuti sono risicati, si affrettano a portare a termine il progetto e, di conseguenza, la struttura crolla.
Gli studenti della scuola materna, invece, hanno eccellenti capacità naturali di risoluzione dell’esercizio: non pianificano, semplicemente costruiscono e costruiscono, escogitano più progetti, molti dei quali falliscono, ma ciò li aiuta ad apprendere e a migliorare.
A questo proposito, sapete chi ha ottenuto il record nella Marshmallow challenge? Un gruppo di bambini della scuola materna, appunto, che, avendo a disposizione oltre al materiale per la struttura che gli era stato consegnato, anche dei tavoli di lavoro, decisero di impilarli uno sopra all’altro e di porre il Marshmallow in cima. Questo ci fa fare un passetto oltre: il dubbio è linfa per la creatività collettiva, la quale non deve essere limitata o racchiusa dentro regole, ma, per esprimersi completamente, deve potersi espandere fino ai limiti dell’immaginazione.
Se vogliamo trovare nuove soluzioni, chiamiamole soluzioni innovative, dobbiamo ragionare liberamente, seguendo il fluire delle idee senza alcuna censura. Solo successivamente si potrà intervenire per scartare le soluzioni inadeguate o inattuabili, ma nel frattempo avremo esplorato molti più terreni che se ci fossimo messi in testa di ragionare esclusivamente in modo logico.
Come l’innovazione necessita di un bisogno per esistere, la creatività non ha bisogno che di un obiettivo.