SENSI DI

MARCIA

Ci sono alcuni temi che proprio mi entusiasmano, che approfondisco continuamente e da cui traggo ispirazione. Sono i miei sensi di marcia, le direzioni in cui procedo.

direzioni

“Dolcemente viaggiare, rallentando per poi accelerare, con un ritmo fluente di vita nel cuore… e tornare a viaggiare e di notte con i fari illuminare chiaramente la strada per saper dove andare, con coraggio, gentilmente, gentilmente…

Sì, viaggiare – Lucio Battisti

SENSI DI MARCIA

01. SOSTENIBILITÀ

Dare una definizione risolutiva di sostenibilità è pressoché impossibile perché muta al mutare del contesto ed è un percorso infinito, non un traguardo. La prima definizione risale al 1987 ed è di una donna, Gro Harlem Brundtland, allora presidente della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo: “Lo sviluppo sostenibile è quello in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri.”

Anche i bisogni cambiano col passare delle generazioni, altro motivo per non incastrare la sostenibilità in una definizione e probabilmente per lo stesso motivo gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU sono ben diciassette, ognuno dei quali gode della stessa dignità ed è strettamente legato agli altri.

Io credo che la chiave della sostenibilità risieda nella riduzione dello scarto tra ciò che sogniamo e ciò che facciamo, tra ciò che diciamo di fare e ciò che facciamo. Per diminuire questo divario è necessario uno sforzo collettivo, personale e istituzionale, nel rivedere l’efficacia delle nostre pratiche economiche, nei nostri modelli di società e infine nel modo di sfruttare le risorse del pianeta. La stessa attenzione che diamo al profitto è quella che dobbiamo dare alla generazione di valore per la società e alla ri-generazione della vita sul pianeta. Allora potremo parlare di sostenibilità.

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02. LAVORO E PENSIERO

Questi sono tempi difficili, siamo nel bel mezzo di un cambiamento non desiderato. Abbiamo alimentato per decenni un sistema scricchiolante e di punto in bianco ci siamo dovuti fermare, ci siamo guardati dentro e l’immagine che ne è uscita ci ha disorientati. Siamo diventati prestanti nell’azione e nel perseguimento del risultato e abbiamo smarrito la motivazione. La pandemia ha reso evidente l’assenza di risposte alle tante domande scatenate dall’inattività lavorativa e dalla parziale sospensione delle relazioni. Finito il cosa, siamo rimasti soli con i nostri perché. Questa crisi non è solo economica e sanitaria, è anche una crisi di senso.

Per troppo tempo abbiamo smesso di farci le domande che dovrebbero sostenere il nostro operare e ne abbiamo dimenticato le ragioni. Lavoro e pensiero si sono separati, siamo diventati macchine efficienti ma abbiamo sperimentato un’enorme deficienza nel pensiero che ci ha portati a preferire la quantità alla qualità, la prestazione alla felicità, il compenso al senso.

La ricchezza del lavoro italiano, poi, quello mediterraneo, è sempre stata strettamente legata ai valori, per via di quella radice artigianale che ci ha sempre nutrito. Ce ne parlava Olivetti più di settanta anni fa, ce ne parlano oggi uomini come Stefano Zamagni, Luigino Bruni, Alberto Peretti e Pierluigi Celli, per citarne alcuni. Dentro alla crisi ci è stata consegnata la possibilità di ridare pensiero al nostro lavoro, perché: “non tutta la vita è lavoro, ma il lavoro deve sempre avere il carattere della vita”.

Smontiamo quindi il nostro vecchio concetto di normalità, rispondiamo alle domande che sono venute a galla nel frattempo e, sulla base di quelle risposte, cominciamo a progettare. Dobbiamo programmare con uno sguardo a lungo termine, che non siano i classici tre o sei mesi, ma nemmeno i tempi degli attuali piani industriali, dobbiamo sforzarci di buttare l’occhio molto più in là, fino alle generazioni che non sono ancora nate.

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03. GIOVANI

Se c’è una cosa che dobbiamo apprezzare dei giovani è la loro continua tensione verso la ricerca di significato. Non a caso una delle prime fasi del nostro linguaggio è quella del “perché”.

I giovani, benedetti da una sana dose di inconsapevolezza, hanno domande più profonde, libere e istintuali e fungono da promemoria per noi adulti: ricorda di chiederti perché!

Per questo ho sempre creduto nei gruppi di lavoro misti, dove le energie e l’entusiasmo giovanili si mescolano alle conoscenze e all’esperienza dei senior. Non esiste un soggetto di serie A e uno di serie B, giovane o anziano che sia, il contributo che può apportare ha lo stesso valore.

Questo è molto importante nel nostro paese che soffre per la mancanza di coinvolgimento dei giovani. Tutti diciamo “I giovani sono il nostro futuro!” ma spesso questa espressione nasconde opportunismo: vogliamo farli sentire partecipi della società… ma non troppo! Le loro idee innovative, infatti, potrebbero scardinare lo status quo, dalla politica all’economia, e far vacillare il principio di conservazione delle poltrone.

Inventiamo per loro un futuro senza interpellarli e ci stupiamo nel vedere che non è quello che desideravano. Attendiamo le loro domande, certi di essere i detentori di ogni risposta, in fondo sono loro quelli che devono imparare, che devono farsi un’idea, possibilmente la nostra! Da lì Il passaggio alla critica per mancanza di autonomia e gratitudine è breve.

Iniziamo ad ascoltarli, sinceramente aperti al loro punto di vista, a far loro domande, accentando di non avere tutte le risposte. il confronto non può che arricchire le nostre valutazioni e farci vedere soluzioni che non avevamo immaginato.

Infine, è fondamentale investire in istruzione, formazione continua e ricerca; azioni che prevedono la rinuncia alla massimizzazione dei risultati al minimo costo economico e prediligono investimenti a lungo termine, per i quali, si sa, chi raccoglie i frutti non è quasi mai colui che ha seminato.

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04. MULTIDISCIPLINARITÀ

Cambiamenti sociali e sviluppo delle tecnologie esponenziali (robotica, intelligenza artificiale, nanotecnologie, biotecnologie…) sono alimento e conseguenza l’uno dell’altro. Il risultato è una società che muta ad un ritmo incalzante e le cui trasformazioni non sono solo veloci ma anche epocali.

L’approccio settorialistico ha i giorni contati, non possiamo trovare nuove soluzioni appellandoci al solo concetto di specializzazione, dobbiamo interpellare diverse realtà: ecco allora che la medicina e la filosofia si avvicinano, che l’ingegnere ha bisogno del creativo e il matematico del commerciale.

Al contrario di quanto accadeva nel passato, quando la speranza era riposta in esperti interpellati per la risoluzione di specifici problemi, oggi le aziende, la politica, le istituzioni e la società tutta deve aggregare competenze diverse, perché anche le ricadute di ogni progetto sono ramificate. Pensiamo al cambiamento climatico, non può essere affrontato solo da ambientalisti, ma anche da matematici, politici, economisti, ricercatori, comunicatori…

La sfida di manager, politici e decision maker sta nel riuscire a comporre i pezzi diversi di competenze specifiche, un vero e proprio esercizio di mediazione culturale e comunicativa. Per riuscirci è necessario parlare “più lingue” e creare le condizioni per instaurare un dialogo dove le persone siano a loro agio e riescano a collaborare, libere da giudizi e certi della dignità di ogni contributo. Allargare la platea dei “decision maker” ci aiuta a prendere decisioni funzionali nel lungo periodo, cosa che non accade facilmente se tale responsabilità cade nelle mani di un solo “capo”.

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05. INNOVAZIONE

L’innovazione è continuamente ostacolata dalla paura, insita nell’uomo, verso il cambiamento. Ma come diceva Eraclito, il cambiamento è ovunque, continuo, più o meno percepibile ma soprattutto inarrestabile.

Oggi innovare significa creare qualcosa di inedito, utile, sostenibile e si concretizza nella creazione di valore per la società.

Se prima di Marzo 2020 investire nell’innovazione era una possibilità e un interessante biglietto da visita, oggi è una questione di sostenibilità economica.

Anche il mercato finanziario ha mandato segnali chiari: solo chi sarà in grado di innovare le proprie attività e virare verso una strutturazione e produzione sostenibile verrà premiato dagli investitori, ma anche dai consumatori.

Pensavamo che per innovare ci sarebbe sempre stato tempo, invece il Covid-19 ci ha mostrato che gli scenari possono cambiare su una scala per noi inimmaginabile e nel giro di qualche giorno o addirittura di qualche ora e siamo stati obbligati a trovare nuove soluzioni per non invecchiare precocemente.