Francesco Baruffi
Senior investment manager in Enea Tech e Biomedical

La salute parte da noi e rivoluzionerà il mondo intero

Parlare di innovazione e di tecnologie disruptive potrebbe sembrare un esercizio di astrattismo, ma ingrandendo un poco la lente, ci accorgiamo che dietro ci sono persone, con il loro bagaglio di ricordi, sofferenze e speranze.

Ho iniziato a pensare alla salute quando avevo cinque o sei anni: ricordo un episodio preciso.

Mia madre entra nel camerino di un negozio di lingerie e mi chiede di rimanere fuori nel corridoio ad aspettarla. Per un attimo ubbidisco ma poi, in preda all’ansia di avere un suo sguardo di attenzione o per capriccio, chiedo di entrare e, nonostante i suoi ripetuti “aspettami” e “ho quasi finito”, insisto ed entro. Quando lo faccio vedo solo una cosa: lei che infila la protesi dentro al reggiseno e lo indossa. Mi guarda. Mi sorride e mi dice:
“Non è la prima volta che la vedi, no?”
Poi per un attimo smette di sorridere, il suo sguardo si fa improvvisamente serio. Diventa pallida. Esce dal camerino prendendomi per mano, mi lascia nel corridoio e chiede alla commessa se c’è un bagno.
Ricordo soprattutto quell’attimo di consapevolezza che le ha rabbuiato i pensieri quando smette di sorridere e mi stringe forte la mano.
Il mio rapporto con la salute inizia così o, almeno, così me lo ricordo.

Ricordo tanti altri episodi della mia infanzia legati a questo tema.

Tante sere passate in ospedale dopo lunghi pomeriggi in cui mio padre mi portava con sé nel suo lavoro – era un agente di commercio che vendeva prodotti zootecnici – passando dalla casa di un agricoltore a una stalla, da un laboratorio a un ufficio, per poi arrivare a Modena in città.

Al termine della giornata mio padre passava a trovare Ave – questo era il nome di mia madre – in ospedale.
Ricordo la gentilezza delle infermiere, le delicatezze che avevano per il figlio di una mamma alla quale avevano diagnosticato un tumore maligno poco tempo dopo averlo messo alla luce.
Ricordo i viaggi della speranza a Firenze da un famoso nutrizionista, a Milano dal luminare della chirurgia, a Modena per una nuova terapia rivoluzionaria.
Ricordo di un periodo, non molto lungo – per fortuna – in cui a casa si mangiavano alghe. Ma ricordo soprattutto quella stanza in fondo al corridoio nella quale, dopo cicli pesanti di chemio e radioterapia, viveva mia mamma e io potevo andarla a trovare solo ogni tanto. Era terribilmente stanca e debilitata e io avrei potuto crearle problemi contagiandola con virus e batteri portati, come fanno i bambini, dalle scuole elementari, dalle partite di calcio e dalle mie frequentazioni.

La mancanza di salute credo sia questo: un’interruzione negli equilibri. Una pausa nella serenità della vita che può degenerare in una voragine esistenziale.

Ricordo di una pausa nei cicli di terapia durante la quale mia madre sta meglio. Un pomeriggio mi porta con sé in libreria a Modena alla Rinascita (così si chiamava allora la Libreria Feltrinelli). Quando ritorniamo a casa, dopo un viaggio in macchina abbastanza lungo, accosta in uno spiazzo ampio vicino a un prato; non ricordo dove. Scende. Apre la portiera dei sedili posteriori della R4 e mi invita ad andare con lei in mezzo all’erba ancora da tagliare. Fissa l’orizzonte e mi dice qualcosa mentre piange.
Nel tempo mi sono inventato tante frasi per coprire quella dimenticanza. Quella che mi è piaciuto raccontarmi più spesso è:
“Non preoccuparti, tutto andrà bene”.

Il ritorno all’armonia dopo la fine della malattia che, nel suo caso, ha significato la morte.

Oggi mi rende estremamente felice osservare i passi da gigante fatti dalla chirurgia e dall’oncologia in Italia e a livello mondiale così come vedere le rivoluzioni che stanno trasformando la diagnostica.

In questi ultimi anni sono stato, soprattutto, contento di vedere che quelle protesi che mia madre era stata costretta ad indossare, dopo una mastectomia che l’aveva resa disabile, non vengono quasi più utilizzate, grazie a interventi di chirurgia plastica ricostruttiva incredibili.

In molti casi non sono più necessarie: oggi si usano terapie farmacologiche mirate e sempre più efficaci e gli interventi chirurgici sono molto meno invasivi di quelli a cui lei fu costretta a sottoporsi.
Ma in un futuro, neppure tanto lontano, si affermeranno pratiche e tecnologie ancora più innovative.

Tra le rivoluzioni che stanno interessando il settore della salute ve ne sono tre che hanno un carattere dirompente. Nel mio lavoro le chiamiamo gamechangers: sono la biopsia liquida, l’immuno-oncologia e la genomica.

La biopsia liquida

Tra qualche anno potrebbe bastare un prelievo del sangue per arrivare alla diagnosi di un tumore e prevederne la comparsa ricercando frammenti del Dna tumorale o analizzando gli esosomi.
In un futuro un po’ più lontano si potranno utilizzare anche altri liquidi organici come saliva e urine.
Le biopsie liquide sono già utilizzate nella pratica clinica ma solo in alcuni ambiti specifici: ad esempio per valutare i pazienti con cancro avanzato, per determinare se possano essere candidati a trattamenti mirati o per comprendere meglio la loro prognosi. A volte, infatti, una biopsia liquida può essere l’unico modo per ottenere le informazioni genetiche: quando un tumore si trova in una parte del corpo che rende difficile prelevare il tessuto oppure in caso di recidiva, non ci sono molte altre soluzioni. Inoltre, le neoplasie avanzate presentano un’elevata eterogeneità e con una biopsia liquida si possono ricevere frammenti di DNA da più sedi ed avere un quadro più ampio.
Il futuro non sarà più fatto di interventi chirurgici per fare biopsie ma di semplici prelievi.

L’immuno-oncologia

L’obiettivo dell’immunoterapia è quello di combattere il tumore stimolando una reazione del sistema immunitario. Le cellule del sistema immunitario solitamente si attivano contro ciò che riconoscono come estraneo, come ad esempio le cellule tumorali, per eliminarlo. Nel caso dei tumori, però, le cellule mutate usano strategie finalizzate a ingannare il sistema di controllo e favoriscono la proliferazione di cellule neoplastiche che si riproducono e possono invadere siti distanti dall’organo di origine del tumore.

L’immunoterapia ha dimostrato di potere bloccare questo meccanismo favorendo la reazione del sistema immunitario che, non venendo più ingannato, può combattere il tumore. Alla base dello sviluppo della immunoterapia vi è stato il riconoscimento dei checkpoint, ovvero delle molecole coinvolte nel meccanismo di elusione.

I farmaci immunoterapici sono infatti costituiti da anticorpi monoclonali inibitori di questi checkpoint.

Una delle caratteristiche più importanti dei farmaci immuno-oncologici sono i loro effetti collaterali che sono diversi e di intensità spesso più bassa rispetto a quelli tipici delle altre terapie oncologiche, come ad esempio la chemioterapia, che causa spesso perdita dei capelli, nausea, vomito e infezioni. Gli effetti collaterali dei trattamenti immuno-oncologici sono tipicamente reazioni infiammatorie a livello gastrointestinale e cutaneo.

Non più nausee, teste rasate, vomito e vita stravolta da cicli di chemio e radioterapia ma infezioni più blande che consentiranno di gestire in modo più “normale” la malattia.

La rivoluzione genomica

La terza rivoluzione è quella genomica. La prima fase della rivoluzione genomica è stata completata con il progetto Human Genome che ha avuto inizio nel 1990 e che nel 2003 ha raggiunto l’obiettivo di pubblicare la prima bozza del genoma umano.
Un secondo momento importante si è avuto con la scoperta del sistema Crispr-Cas9 nell’ambito dell’editing genomico. Si tratta di una tecnica/sistema per modificare gli acidi nucleici, la cui scoperta è stata premiata con il Nobel per la Chimica 2020.
Crispr permetterà di riscrivere il DNA di cui è costituito il genoma di tutti gli organismi viventi.

Uno degli ambiti applicativi di questa scoperta sarà proprio quello della salute e, in particolare, della cura di patologie fino ad oggi considerate incurabili.

Grazie, infine, all’avvento di macchine prodigiose come i sequenziatori di nuova generazione e quelli di terza generazione realizzati da aziende come Illumina o PacBio sono stati abbattuti di oltre 100.000 volte i tempi ed i costi del sequenziamento del genoma: dai mesi/anni e dai 100 milioni di dollari richiesti nel 2000, ai pochi giorni e alle poche centinaia di euro di oggi.
Attraverso la raccolta rapida di dati genomici e clinici si potranno, così, in futuro classificare sottotipi di pazienti, comprendere il rapporto cause-effetto tra genoma e sintomi e innovare radicalmente lo sviluppo di farmaci.

Si tratta di una rivoluzione che modificherà in modo dirompente la medicina, i servizi sanitari e le industrie del farmaco e dei dispositivi medici e che verrà accelerata dall’adozione di tecnologie di digital health che consentiranno di ridurre l’ospedalizzazione, di abbattere i costi dei servizi sanitari, di avere una medicina sempre più a misura d’uomo e, in un futuro un po’ più lontano, di ripensare i concetti stessi di malattia e invecchiamento.

Il futuro che ci attende è un futuro di grandi cambiamenti nel settore della salute. Ave ne sarebbe sicuramente stata felice.

Francesco è Senior Investment Manager in Fondazione Enea Tech & Biomedical. Lavora da molti anni nell’ecosistema dell’innovazione.

Nel 2008 è entrato come Technology Transfer Officer in Fondazione Democenter. Ha lavorato per l’Università di Modena e Reggio Emilia e in Emil Banca come Open Innovation Manager. Componente della giuria del Premio Marzotto e advisor di Technopolis Moscow.

Legge, scrive ed è appassionato di foreste. E’ infatti tra i fondatori di Eiber un’associazione di promozione culturale per valorizzare attraverso le tecnologie i boschi e i territori interni.

E’ un papà felice e conosce Chiara da molti anni…
“Ho incontrato per la prima volta a Milano ad un evento di Fullbright. Era appena tornata dalla Silicon Valley Ci ha presentati un amico comune Emil Abirascid “Devi conoscere una ragazza davvero in gamba che è di Modena come te”. Poi ci siamo rivisti davanti a un piatto di gnocco fritto: ho capito che era veramente innamorata di Modena.”