Meglio in due.

 

Avete presente la scena di “Harry ti presento Sally”, quando la vecchietta dice alla barista: “Prendo quello che ha preso la signorina”? Ecco, Chiara ha comprato l’appartamento nello stesso momento in cui lo abbiamo preso io e Carlo e con le stesse caratteristiche.

“Che caldaia vuoi? Quella di capitolato o a condensazione?”

“Voi quale avete scelto?”

“Carlo è più per quella a condensazione… sarà più cara ma con il riscaldamento a pavimento è meglio”

“Va bene, prendo anche io quella che prendete voi”.

E così per tutto il resto: infissi, inferriate, sanitari e impianti.

In quel periodo Chiara viveva ancora in California, ma desiderava una casa tutta sua per i giorni in cui rientrava a Modena, cosa che non accadeva così spesso. Quando rientrava, però, tutte le volte che rientrava, si festeggiava per tre giorni. Ora, chi conosce la famiglia Giovenzana sa che si tratta di un clan abbastanza affiatato e altrettanto impegnativo, diciamo che non è un ambiente per tutti!

Insomma, ad ogni rimpatriata scattavano tre giorni di cene e pranzi, a casa sua, di sua madre, di sua zia (mia suocera) e a casa della nonna. Lo chiamavamo “Il triduo”: la celebrazione della famiglia italiana e del colesterolo.

Chiara mandava un messaggio una o due settimane prima di prendere l’aereo, per informarci che il triduo si sarebbe svolto nelle tali giornate e che, pertanto, tutti dovevano tenersi liberi.

Carlo, invece, viaggiava per lavoro una settimana al mese e, quando ero fortunata, accadeva che coincidesse proprio con il rientro di Chiara. Una sera, in particolare, non so cosa avrei fatto se non ci fosse stata lei.

Caterina aveva sei anni ed era influenzata, riposava in camera sua con 38 di febbre. Nell’altra stanza Marta guardava la televisione e Simone, di pochi mesi, dormiva.

Caterina si alza, mi saluta e passa dal letto al divano.

“Come stai tata?”

“Bene… mamma, non voglio stare a letto, posso stare sul divano?”

“Certo. Hai freddo? La vuoi un po’ di camomilla?”

“Sì, fammi quella con la buccia di limone e il miele”

Vado in cucina, accendo il fornello per scaldare l’acqua e penso che prima sia meglio provarle la febbre.

“Cate?”

“Caterina?”

“Caaateee, rispondimi, per favore”

La guardo, ma i suoi occhi sono ribaltati all’indietro. La chiamo ancora una volta e lei non gira nemmeno la testa, non mi sta sentendo. Inizia a tremare.

Convulsioni. Mi prende il panico, le sue labbra diventano viola, gli occhi rovesciati e il corpo tutto scosso da tremori.

Corro alla porta di Chiara e premo con violenza il campanello. Si sentono delle voci, Dio sia benedetto, è in casa.

“Ciao Vale! … tutto ok?”

Dovevo avere la faccia stravolta.

“La Cate sta male, credo che abbia le convulsioni!”

“Dov’è?”

“In casa, sul divano… trema, non mi risponde… non so cosa fare…”

“Chiama il 118”

Chiara si precipita in casa, prende quel corpicino magro, teso e tremante fra le braccia. Io le guardo, non capisco nulla, piango e penso che mia figlia stia per morire. Rimaniamo così per i due minuti più lunghi della mia vita.

Possono averti raccontato che le convulsioni sono molto frequenti nei bambini piccoli, ma non possono averti preparato ad una scena del genere. Solitamente attacchi come quelli non hanno alcuna conseguenza, dicono, ed è ciò che pensi quando ne parli con le amiche, ma quando succede in casa tua, non ne sei più così sicura.

Pian piano il corpo si rilassa e le labbra tornano rosa. Intanto sentiamo suonare il campanello, è l’ambulanza. Caterina non parla, si guarda intorno come se stesse cercando qualcosa. Non risponde alle domande dei medici; lei che non smetterebbe mai di parlare, non sa nemmeno qual è il suo nome.

“La portiamo al pronto soccorso per tenerla controllata. Lei, signora, viene con noi, così le sta vicino in ambulanza e ci racconta come è andata.”

Ho altri due bimbi piccoli in casa, Carlo è via per lavoro e io mi sto ancora chiedendo se avrò indietro la mia bambina, nello stesso stato in cui era solo un quarto d’ora prima. Guardo Chiara e sospiro:

“Non so quanto ci vorrà…”

“Tranquilla, sto io con Marta e Simone”

“Simone dovrà prendere il latte a breve, come facciamo?”

“Quando si sveglia, vengo in pronto in soccorso con i bimbi, allatti Simone e facciamo cambio, tu torni a casa e io sto con Caterina”.

La guardo e ringrazio il cielo che sia a Modena, che sia lei. Mentre ci salutiamo, sulla porta, mi fa uno dei suoi sorrisi e io sento che i bimbi non avranno problemi e che tutto si sistemerà.